stemmi contrade

 

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La prima (la più importante) decisione fu quella di stabilire quante contrade dovevano essere costituite, come chiamarle, quali colori dovevano avere e i confini dei loro territori. Fiumi preparò artigianalmente un approssimativa, ma leggibile, pianta del paese sulla quale lavorammo per fare una ripartizione ecua del territorio. Alberto Calugi si impegnò a fare delle gigantesche fotocopie di queste piante che furono colorate a mano e affisse in tutti locali pubblici del paese e delle frazioni, corredate da un volantino dattiloscritto e firmato da Carlo Ciattini, nominato segretario del neo comitato nel frattempo costituito, che aveva stabilito in quattro il numero delle contrade. Scartati i vari nomi proposti come: Porta Empolese, Porta Fucecchiese, Porta Vinciana, Porta Pistoiese ecc. furono scelti quelli di: Porta a Palagio riferendosi alla porta dello Sdrucciolo dove sopra si trovava il palazzo del Podestà di Cerreto e che presumibilmente il suo accesso sarebbe stato vigilato da una scorta armata. Porta S. Maria a Pozzolo per un antico pozzetto vicino al quale fu costruito l’Oratorio di S. Maria (Madonna delle Grazie) fra il 1336 e il 1337. Per Porta Fiorentina non ci furono problemi perché rendeva immediatamente l’idea della direzione alla quale conduceva la strada che da essa partiva. Maggior tempo fu perso per Porta Caracosta perché mancava qualsiasi riferimento di direzione che potesse far nascere un’idea all’infuori del nome “Chiaracosta” che indicava una zona totalmente agricola la cui costa assolata, ricca di vigneti e buona terra, degradava fino al piano.
Tanto è vero che, inizialmente, per questa contrada, i colori scelti erano il verde e il marrone. Il verde a simboleggiare la vegetazione e il marrone la terra. In tutti e quattro i casi fu però lavorato molto di fantasia. Tutto questo fermento e tutto questo movimento stava incuriosendo molte persone, i giovani in particolare considerarono la cosa come un diversivo ed un passatempo e si resero disponibili per una collaborazione, anche perché il periodo delle vacanze facilitò molto la possibilità d’impegno. Furono coinvolti molti genitori per avere un figlio o una figlia che si vestiva da cavaliere o da dama o da concorrente. Le persone impegnate in questa avventura e consenzienti ad indossare un costume cinquecentesco erano già oltre 50. Intanto il comitato si riuniva tutte le sere nelle case di chi gentilmente offriva, ospitalità e collaborazione, come Aladino Venturini, Brunero Mancini o come Luciano Cinotti. Quest’ultimo, oltre all’aia, metteva a disposizione anche qualche cocomero. In queste riunioni serali i componenti del comitato avevano varato anche il quinto gioco ed erano particolarmente felici perché riservato alle donne. L’utilizzazione di queste come gareggianti è una cosa molto rara nelle manifestazioni storiche dove partecipano solo alle sfilate, vestite da dame, al braccio di un cavaliere. Proprio perché si trattava di una gara riservata al gentil sesso non ci veniva in mente nessuna cosa all’infuori del gioco che facevano due ragazze che si lanciavano un cerchietto con l’aiuto di due bastoncini. Alternandosi, una effettuava il lancio mentre l’altra cercava di riceverlo infilandolo a volo. Nel nostro caso la ragazza era una sola e pertanto il cerchio doveva essere lanciato ad un bersaglio fisso, nacque così la rastrelliera con le tre lance.

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Intanto Sergio Brotini, fra una pratica e l’altra, buttava giù appunti per il programma della manifestazione. Appunti che poi la sera venivano riletti e discussi da tutto il gruppo. Prese ben presto forma e consistenza tutta la parte scenografica e la stesura dei bandi che dovevano essere letti prima, durante e alla fine dei giochi. Oltre che nella casa di Aladino o sull’aia del Cinotti, ogni tanto queste riunioni venivano fatte intorno ad un tavolo del circolo A.C.L.I. o della Casa del Popolo. Lo scopo era volutamente quello di far sapere a più persone possibili cosa bolliva in pentola.

Il primo di agosto, rinunciando alle ferie, Sergio Brotini e il Fiumi piazzarono un ombrellone in Fiera (Piazza XX Settembre) e su un tavolino, preso in prestito alla Casa del Popolo, misero una macchina da scrivere e iniziarono a battere il programma definitivo del Palio del Cerro. Anche questo a scopo pubblicitario perché non poche furono le persone che si fermarono a curiosare e a fare domande. Sergio, con il suo linguaggio colorito e specialmente quando vedeva intorno molte persone che lo potessero ascoltare, ad alta voce com’è sua abitudine, diceva:” A Cerreto, porca…, non l’hanno mai vista una cosa del genere! Altro che mostra di pittura moderna dove la gente “un” ci capisce nulla!” Che mese fu quello dell’agosto 1969 ! Indimenticabile.

Anna Bargi, infaticabile, aveva coinvolto altre ragazze e donne per cucire bandierine con i colori delle contrade da mettere alle finestre. Carlo Ciattini faceva la spola fra Cerreto e la Sartoria Teatrale Fiorentina per noleggiare i costumi che occorrevano ai figuranti e per farsi confezionare le quattro bandiere ufficiali delle contrade dopo aver fatto velocemente marcia indietro da una ditta specializzata nel ramo di via Martelli che aveva chiesto un prezzo esorbitante. La Sartoria Teatrale avrebbe dipinto a mano e rifinito con passamaneria dorata, il Palio da consegnare alla contrada vincente. Ci fu poi l’idea del tabellone segnapunti che fu preparato, data la sua lunghezza, sul prato della Villa in due notti; l’acquisto ad un prezzo da liquidazione e pagamento dilazionato di tutte le seggioline del cinema di Lazzeretto che aveva cessato di esistere. Per lo smontaggio e il trasporto occorreva mano d’opera, ma l’ostacolo fu superato grazie all’aiuto quasi volontario di una decina di ragazzetti convinti dalle belle parole di Sergio: “Ma cosa ci fate costi senza far nulla a rompervi…, venite con me che vi porto al cinematografo gratis”. Poi cominciarono ad apparire le prime sarte come Alba e Rina Mazzei che con le loro mani cucirono il bellissimo vestito della Castellana. E’ da ricordare anche Romana Palatresi che è tuttora la cucitrice ufficiale del Palio e del Minipalio da consegnare alle contrade vincenti; non ne ha scansato uno.

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E’ il 17 agosto 1969 – Don Renato Marconcini avvisa tutti i fedeli che per la domenica successiva organizzava un pellegrinaggio alla Rocca di Olgisio dove erano nate e vissute in gioventù Santa Liberata e Santa Faustina. Nel frattempo la Sartoria Teatrale aveva informato che le bandiere delle contrade erano pronte e potevamo andare a ritirarle. Il comitato del Palio prese la palla al balzo: ritirò le bandiere e noleggiò quattro costumi da alfiere, poi chiese a Don Renato se era possibile portarle ad Olgisio e farle benedire alla Rocca,  l’ Arciprete fu entusiasta dell’idea e quindi il 24 agosto 1969, agli oltre duecento pellegrini (tanti furono i cerretesi che partirono quel giorno) si unirono, per assolvere al loro compito di alfieri, Brotini Sergio, Venturini Aladino, Tornani Nerio e Fiumi Bruno. Insieme a loro il piccolo Venturini Giuliano che indossava un bel costume da paggetto noleggiato all’ultimo momento. Lo scopo di questa uscita era anche pubblicitario per l’imminente Palio, e fu un successo.
Molte persone del luogo fecero la fila per farsi fotografare insieme agli alfieri di Cerreto. I cerretesi dal canto loro davano sfoggio di una cultura storica insospettata spiegando il significato dei simboli dipinti sulle bandiere. “quello è il giglio di Firenze perché da quella porta c’è la strada che conduce a quella città”… “quello invece è lo stemma dei Medici perché in quella contrada c’è la villa che apparteneva a quella potente famiglia che ho governato Firenze per tanti anni”… “quel castello? Quello rappresenta il Palazzo del Podestà di Cerreto sotto al quale si passava per andare a Vinci, il paese di Leonardo la mamma però era di Cerreto”. Quelli di S.Maria a Pozzolo invece dicevano più semplicemente: “Quella è la bandiera di Santa Liberata, la nostra contrada”. Ciò, specialmente in quel luogo, sembrava dare qualche merito in più, ma fu bello constatare che era già nato lo spirito del contradaiolo e l’attaccamento ai propri colori. Come prima uscita risultò tutto positivo. Anche l’Arciprete fu soddisfatto della presenza dei rappresentanti del futuro Palio del Cerro al pellegrinaggio. Tre anni dopo però fummo noi a ringraziare Don Renato per il libro che aveva scritto sulla vita delle Sante Liberata e Faustina nel quale citava il bando di un Palio fatto in onore di S. Liberata datato 21 agosto 1558. Altro che gioco dell’oca!

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Il Palio del Cerro era lì con dati storici ineccepibili che potrebbero risalire anche a tempi più lontani, cioè all’anno 1337 quando vennero fatti solenni festeggiamenti in onore di San Jacopo. Successivamente, grazie anche alle ricerche di Giovanni Micheli, si è saputo che le corse, a cavalli sciolti o con fantino, avevano una larga diffusione in tutto il territorio comunale. Si hanno quindi innumerevoli testimonianze di pali disputati, particolarmente durante tutto il secolo scorso, in varie località del Comune: Cerreto Guidi, Stabbia, Corliano, ecc. Le occasioni, al di là di quella tradizionale di Santa Liberata, erano di solito le feste patronali o altre solennità religiose (ad esempio la festa dell’Ascensione o quella di Santa Maria Assunta di metà agosto). Un Po’ di merito va anche a Luciano Artusi che senza volere ci evitò di commettere un madornale sbaglio (forse anch’egli fu ispirato dalla Santa). Dobbiamo anche ringraziarlo per averci di diritto inseriti in un suo libro che narra la storia di illustri città toscane che vantano un passato storico di “Giostre, Pali e Tornei”. Eravamo già alla fine del mese e la  paura del Comitato era quella di essersi dimenticati qualcosa d’importante. Potevano ritenersi soddisfatti e certi di aver fatto un buon lavoro, ma un po’ di timore rimaneva ancora. Decisero comunque di chiudere definitivamente il libro e di godersi in pace l’ultima domenica di agosto tanto più che il lunedì ciascuno doveva pensare a riprendere il suo lavoro. Lunedì 1° settembre 1969 – Tutto finalmente era pronto.
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Palio del Cerro
La balestra era già stata provata da tutti i concorrenti nel giardino del Comune e funzionava perfettamente, tutte le attrezzature erano già preparate: fune, troppoli, bigonce, poggia balestra, la grossa botte che serviva da bersaglio, la rastrelliera con le tre lance, i cerchi da lanciare, il tavolo dei saggi con calamai e penne d’oca, il leggio per il banditore, il tabellone segnapunti, i valletti che dovevano azionarlo, il palco per il Castellano e la Castellana le sedie per i Cavalieri e le Dame, i panchetti per le ancelle, il sacchetto con le palline per il sorteggio. Microfono, altoparlanti, faretti e luci varie, provati e riprovati. I permessi erano stati chiesti e già concessi, la SIAE era stata informata, l’allacciamento Enel in regola, la postazione per lo speaker pronta sul terrazzino di casa Talini, i Carabinieri di Cerreto avvertiti, come pure il Comandante delle Guardie Municipali Nello Caponi. Si poteva dare il via alla manifestazione, alla prima edizione del Palio del Cerro.

Martedì 2 settembre 1969 – A distanza di tanti anni ripensare alla vigilia e a quanto successe in quella magica serata genera ancora una grande emozione. Fu un enorme successo. E’ stata una grande soddisfazione perché la manifestazione, iniziata da pochi, è andata poi avanti con la collaborazione e la partecipazione di tutto il paese.
Alle ore 21 la piazza era gremitissima di gente, così pure sulle scalee fin sopra il piazzale della Villa dove si trovavano già pronti tutti i figuranti del gruppo di Cerreto. Davanti alla Chiesa, su delle tavole improvvisate, erano state messe due damigiane di vino, una di buon Chianti rosso ed una di un Trebbiano bianco il cui profumo si sentiva da lontano. Il tutto vigilato da Renzo Santini che aveva con se anche due enormi ceste di vimini con dentro tanti sacchetti contenenti ciascuno due panini, uno al prosciutto e uno al salame, e della frutta. Questo doveva essere lo spuntino per i figuranti del Calcio Storico Fiorentino partiti da Firenze senza aver cenato. Alle ore 22 questi figuranti però non erano ancora arrivati e ci volle tutta la bravura dello speaker per tenere buono il pubblico che già rumoreggiava. Gli organizzatori erano indecisi: “Che si fa? Scendiamo noi così come siamo, senza tamburi e senza musica? ” Aspettiamo ancora qualche minuto”. ” Ma che aspettare, senti qualcuno fischia”. Per fortuna il microfono era in buone mani: Daria Santini era preparatissima. Parlò della storia di Cerreto, delle sue origini, della Villa Medicea, di Isabella e dette tante altre informazioni per molti inedite, che alla meglio riuscì a tenere calme anche le persone più impazienti. Ad un tratto, lontanissimi, si udirono i cupi rimbombi dei tamburi fiorentini. Fu una cosa commovente. Qualche organizzatore pianse per la gioia e per scaricare la tensione nervosa accumulata in quella lunga ora di attesa.
“Sono arrivati, sono arrivati, ricomponiamoci, facciamoci trovare pronti!”. Il Calcio Storico entrò direttamente sulla Piazza fra gli applausi scroscianti di un pubblico entusiasta di questa bella apparizione. Poi salirono fino alla Chiesa per il meritato spuntino mentre i figuranti di Cerreto scendevano sulla piazza per iniziare la loro esibizione che fu intervallata dai musici e dagli sbandieratori del Calcio Storico. Tutto riuscì perfettamente e fu un grande successo. Questo primo Palio fu vinto dalla contrada di Santa Maria a Pozzolo.

Sulla Nazione del 4 settembre 1969 Giovanni Micheli scriveva un bellissimo articolo sul Palio di Cerreto. Ne riportiamo una piccola parte :” Il paese tutto faceva un colpo d’occhio magnifico prima dell’inizio delle gare; striscioni multicolori coi segni della contrada e bandiere di tutte le dimensioni su tutti i davanzali, le finestre, le porte dei negozi segnalavano gioiosamente la rinascita di questa antica tradizione rinascimentale del Palio. Cerreto Guidi era pavesata a festa, come nelle grandi occasioni, e forse più di sempre, perché una festa così, nel nostro paese, non si era mai vista a memoria d’uomo”.